Avete voglia di una bella ciaspolata notturna sulla neve? Avete voglia di un camino caldo e di buon cibo per scaldarvi a fine giornata? Abbiamo una bella storia da raccontarvi e un percorso suggestivo da suggerirvi. E’ una storia di passione e fatica, è la storia di Marina, Enrico e del loro rifugio all’Alpe Solcio. Noi proviamo a raccontarvela ma vi consigliamo di farvela raccontare direttamente da loro, non potranno che fare meglio.
Il rifugio Pietro Crosta
Se dalla statale che porta al Passo del Sempione uscite a Varzo e iniziate a percorrere la strada che sale verso San Domenico, guardate sulla vostra destra dopo circa 5 chilometri. Vedrete una piccola cappella votiva all’imbocco di una ripida strada che sale tra i boschi. La strada è interdetta alle auto ma poco più avanti potete parcheggiare, calzare le ciaspole e iniziare una passeggiata poco impegnativa che in meno di 3 ore vi porterà al rifugio.
La strada è larga e asfaltata per la quasi totalità del percorso. Non è l’unica soluzione per raggiungere il rifugio, forse è anche la meno spettacolare, ma è la più sicura con la neve, adatta anche ai più piccoli.
Il rifugio Pietro Crosta si trova sul limitare del Parco Naturale Veglia-Devero (clicca qui per saperne di più) a 1751 metri d’altezza alla fine del Vallone di Solcio che scende ripido dal Monte Cistella. E’ rimasto senza un gestore fisso dal 1992 al 2008, poi sono arrivati loro. Marina ed Enrico hanno scommesso tutto su questo rifugio, raggiungibile solo a piedi, in una zona turisticamente poco sviluppata, lontano dalla loro città, Treviso. Sono da sempre appassionati di montagna e camminatori incalliti. Mentre percorrono il Cammino di Santiago ricevono la definitiva conferma. Il CAI di Gallarate ha accettato, il rifugio viene affidato a loro. Da allora sono passati più di dieci anni di fatica, legna da tagliare, sentieri da curare, conserve da preparare per i lunghi inverni innevati. Già, perché hanno fatto la scelta che molti rifugisti non fanno: tenere aperto tutto l’anno, vivere per dodici mesi a 1800 metri di quota, in un oasi naturalistica che sa essere gentile e severa.
La ciaspolata notturna
Inutile dire che a quell’altezza la vista sia magnifica. Inutile dire che Marina prepari delle torte che curano da qualsiasi malanno o che non si prendano cura solo della struttura ma di un intero territorio. Quello che più ci è piaciuto di loro è che la loro energia è palpabile e contagiosa. Curano i sentieri perché siano in ordine e percorribili, hanno tracciato itinerari per le mountain bike, curano le vecchie vie alpinistiche e hanno messo in piedi una palestra di roccia. Ma più di tutto ci piace che abbiano saputo coniugare la vita dura dell’alta quota con il mondo digitale. Non disdegnando i social, anzi li utilizzano come strumenti per raccontare la loro vita a prima vista così lontana da wifi e smartphone. Sono seguitissimi su Instagtram, curano con dedizione il loro sito e compilano le pagine di un blog in cui aggiornano sulle condizioni dei sentieri e della neve.
Naturalmente organizzano numerosi eventi. Tra questi le ciaspolate notturne. I percorsi e le escursioni possono variare in base alle condizioni della neve. L’appuntamento con l’accompagnatore è usualmente nel tardo pomeriggio di sabato. Si sale al rifugio attraversando boschi silenziosi, con la speranza di riuscire a vedere un cervo o un capriolo illuminati dalle torce frontali. All’arrivo al rifugio la vegetazione si dirada e lascia spaziare la vista su un palcoscenico di vette innevate. Fuoco caldo e cena abbondante sapranno rifocillarvi e mettervi nel giusto mood per una serena dormita.
Se siete amanti delle ciaspole e dalla neve e volete trovare nuovi itinerari in Piemonte, vi consigliamo questa guida, adatta sia ai principianti che ai più esperti. Buon divertimento!